Martina carbonaro, lo yogurt con l’amica e l’assassino alle spalle nel video dell’agguato

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A quattordici anni la vita è un soffio, un desiderio di futuro tutto da scrivere. Per MARTINA il domani si è fermato in una sera di inizio estate, in quel momento sospeso quando la scuola


sta per finire ed è già preludio di vacanze, il suo corpo massacrato a colpi di pietra sotto un cumulo schifoso di rifiuti ed escrementi. E potrebbero volare in cielo migliaia di palloncini


bianchi, «ma le nostre lacrime per Martina saranno infinitamente di più», così dicono le sue amiche mentre avanzano lente, una candela in mano, sorreggendo Enza, la mamma, nella processione


che ieri al tramonto ha attraversato le strade dissestate di Afragola, sconvolta, attonita, muta di fronte all’orrore . BALLO, SELFIE E NEOMELODICI E allora per provare a raccontare chi era


MARTINA CARBONARO, figlia unica, mamma casalinga, papà muratore, adolescente con lunghissimi capelli castani di cui era assai fiera, primo anno all’istituto Alberghiero di Casoria,


appassionata di ginnastica artistica, di neomelodici, di ballo e di selfie “danzanti” su Tik Tok, bisogna tornare alle sue ultime ore di vita, prima che ALESSIO TUCCI, il suo “fidanzato”, la


uccidesse, lapidandola con assoluta ferocia. Due ore di vita o poco più e un chilometro di strada, passo dopo passo verso la morte. Perché è in quella passeggiata serale, simile a tante


altre, che si interrompe la vita acerba di Martina, che voleva fare la chef ma anche la carabiniera, magari avrebbe cambiato idea, cosa importa saperlo a 14 anni quando il tempo e le


possibilità sembrano infinite. Eccoli allora i primi «cento passi» dell’ultimo giorno di vita di Martina, da via Imbriani, dove vive con i genitori, fino a corso Garibaldi, nella yogurteria


di SILVIO CATALANO, dove si fermava quasi ogni pomeriggio. E dove Silvio non si dà pace: «L’abbiamo vista crescere, era una ragazza tranquilla, solare,diceva ogni tanto che finita la scuola


avrebbe voluto aprire un negozio, magari una gelateria. Come posso pensare di essere stato l’ultimo a vederla viva? Ha preso uno yogurt, con la sua amica e poi ciao. Povera ragazza mia». IL


FIDANZAMENTO A 12 ANNI Invece è proprio lì, davanti a “Yogorino”, che quei gesti quotidiani diventano gli “ultimi” gesti, di una storia già scritta, dell’appuntamento chiarificatore con un


«bravo ragazzo» che è già probabilmente un assassino, perché non si uccide né per impeto, né per raptus. Ed è quindi nelle vite di questi due adolescenti che bisogna scavare per capire in


quale mondo siamo, chi era Martina che a 12 anni e mezzo, poco più che bambina, si “fidanza” con Alessio, ragazzo complicato di 5 anni più vecchio, che aveva lasciato la scuola all’inizio


delle superiori, muratore saltuario, tre sorelle più piccole, i suoi ultimi video su TikTok sperano nella vittoria del Napoli. Già così piccola Martina si trova impigliata in un fidanzamento


dove il senso è il “possesso”, in proclami sui social di amore eterno. «Ti prometto che ti amerò per sempre anche quando saremo arrabbiati e delusi. Se qualcuno dovesse chiedermi cosa mi


piace di te, parlerei del potere dei tuoi occhi». LO SCHIAFFO, IL POSSESSO, L’OSSESSIONE Poi però Martina si sente soffocare, prova a lasciarlo, ma Alessio non molla, in quella vita vuota


avere Martina vuol dire avere status, esistere agli occhi di un mondo fatto di video e selfie. Come molti ragazzi violenti la fa sentire in colpa. E lei gli scrive una lettera. «Non sono


brava con le parole, specialmente con te, ma sto cercando di cambiare. So che ti ho deluso, ma farò in modo da farti fidare di me». Alessio diventa violento, una volta la picchia, così ha


raccontato ENZA COSSENTINO, madre che ha negli occhi il dolore infinito di tante altre madri e padri di vittime di femminicidio. IL VIDEO CHE PRELUDE LA MORTE «Lei non ne poteva più, ma gli


voleva bene perché era stato il suo primo ragazzo», sussurra DEBORA nella folla in processione. C’è tutto questo dietro le ultime ore di Martina. Infatti è davanti alla yogurteria che Marty


(«sì, la chiamavamo così» dice Daniela, compagna di scuola, «voleva entrare nell’Arma per aiutare gli altri, ma le piaceva anche cucinare) probabilmente dice ad Alessio che la loro storia è


finita. Ripreso da alcune telecamere si vede Alessio Tucci che la segue, lei lo ignora e lui si mette le mani sul volto.Martina, allora, torna indietro e si siede accanto a lui. E riprendono


a camminare insieme. Ed è in quel momento che diventa una _dead girl walking._ Nell’ultimo tratto di quella passeggiata, poco più di un chilometro che da via Matteo Imbriani, passando per


la yogurteria di corso Garibaldi, porta allo stadio Luigi Moccia di Afragola, quell’edificio diroccato dove spesso gli amanti cercano un rifugio tra i rifiuti. LE SCUSE DELLA FAMIGLIA


DELL’ASSASSINO Sono le 21,07 del 26 giugno, il cellulare di Martina viene agganciato dalle celle di zona per l’ultima volta. Poi il nulla. Lei è gà morta o agonizzante. Né cuoca, nè


carabiniera, Martina è la più giovane vittima di femminicidio in Italia. La famiglia di lui affida all’avvocato MARIO MANGAZZO poche parole: «I genitori esprimono vicinanza al dolore dei


familiari della povera Martina. Alessio era molto provato dalla fine della relazione, non dormiva più. Mai avrebbero pensato che potesse macchiarsi di un simile crimine». Invece Alessio è un


assassino. Non ha ucciso perché “provato” ma perché Martina voleva la sua libertà. Come sempre accade.